Riflettere sulla scuola dopo il 2020 assume un significato inedito nel quale le conseguenze della pandemia che ha colpito il mondo e, con essa, i suoi traumi svolgono un ruolo da protagonista.
La chiusura delle attività del paese ha riconsegnato, all’istituzione scolastica, almeno nel dibattito, quel ruolo che le è peculiare nel suo intersecarsi e influenzare tutti gli ambiti della vita sociale e, nella crisi di una vita forzatamente reclusa, essa ha rappresentato l’unico aggancio al mondo esterno, una delle poche idee di “normalità” ancora rimaste.
La scuola non è stata chiusa, neanche nei momenti più critici e, tra le tante difficoltà evidenziate da questa condizione straordinaria che il mondo sta vivendo, continua a svolgere il proprio ruolo anche grazie alla serietà e flessibilità dei suoi attori che, dovrebbe essere ricordato più spesso, non sono missionari o volontari ma professionisti nel proprio settore. Allo stesso tempo, la politica sta vivendo giorni intensi di riflessione, ripensamento e messa a punto di tutte quelle risorse utili ad una ripartenza che dovrà trovare un Paese capace di mettersi in discussione, di fare metacognizione per cogliere criticità da risolvere e punti di forza da potenziare.
Con l’obiettivo di porre riparo ai tanti danni economici e sociali a seguito della pandemia di coronavirus, la Commissione europea, il Parlamento europeo e i leader dell’UE hanno condiviso un piano di ripresa che aiuterà l’Unione stessa a risollevarsi dalla crisi e porrà le basi per un continente più moderno e sostenibile.
Non è ovviamente un caso che questo documento, anche nella sua denominazione, Next generation EU, abbia una connotazione di futuro e faccia con forza riferimento al termine generazione affinché sia chiaro che questo investimento è pensato per le future generazioni dalle quali, già da prima di questi tempi particolari, veniva forte l’istanza di avere in eredità un mondo migliore.
E’ importante, allora, che la politica sappia analizzare la realtà, e coglierne le istanze per ricollocarle nella specificità che le è propria ovvero la responsabilità di una visione che porti ad un’idea nuova di scuola, che abbia ben chiare e definite le competenze istituzionali e che sappia lavorare in maniera organica ed efficace; una scuola capace di rinnovarsi ed eliminare ostacoli antichi dell’irrisolta questione del reclutamento del personale e delle carenze strutturali, di dialogare e collaborare con la comunità senza che le peculiarità territoriali divengano via di marginalizzazione e disuguaglianze.
Mai come in questo momento, con la straordinaria congiuntura che il mondo sta vivendo, sarà necessario rinnovare le sinergie tra territorio e Scuola nella consapevolezza delle competenze di ciascuno.
Ma una visione della scuola deve contenere anche una riflessione sulla didattica: può essere questa emergenza occasione di ripensamento nell’ottica di una di flessibilità e innovazione che divengano strutturate?
Per un’autentica democraticità della scuola, dell’istruzione e della formazione, queste devono assumere un carattere permanente, diritto di tutti sin dall’infanzia, nella vita delle persone che, se educate alla gestione della complessità in una società complessa, potranno poi essere cittadini studenti, lavoratori e costruttori del nuovo.
Trovare il coraggio di rivoluzionare il sapere e i suoi metodi di acquisizione, nella comprensione che la realtà è complessa e difficilmente parcellizzabile, superando l’impostazione tradizionale che vede il primato del sapere umanistico con, ai margini, il sapere scientifico e tecnologico.
Sarebbe ingenuo immaginare di tornare, per ogni ambito della vita del paese ma soprattutto per la scuola, alla gestione prima del covid, con le sue pesanti contraddizioni, con le categorizzazioni rigide dei saperi e delle tipologie di studenti, la burocrazia opprimente, la diffusione capillare delle sole scuole primarie, con l’abbandono scolastico ancora attorno a percentuali inaccettabili, soprattutto nel meridione e soprattutto in considerazione dei tanti e costosi interventi degli ultimi anni.
Il “Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza” nella missione 4, Istruzione e ricerca, nella sua impostazione “Europea” contiene, a mio avviso, grandi sguardi al futuro in una progettazione che affronta, in modo integrale ed omogeneo, il sistema istruzione, formazione e ricerca.
Con il potenziamento dell’offerta dei servizi di Istruzione, dagli asili nido alle Università, e della ricerca, affinché si realizzi “la transizione verso un’economia basata sulla conoscenza”, l’azione diviene trasversale poiché sostiene la parità di genere, il contrasto alla povertà educativa che tanto influisce sui divari territoriali, della transizione ecologica, di una nuova idea di sinergia tra istruzione, ricerca e società, economia e lavoro.
Annalisa Libbi
Responsabile Istruzione PD Abruzzo