L’iter della proposta di legge Zan contro l’omolesbobitransfobia e la misoginia sembra essere arrivato a un punto molto avanzato. In Abruzzo il dibattito su questo tema in queste ultime settimane è stato dolorosamente vivo. A Pescara, un ragazzo e il suo fidanzato sono stati recentemente vittime di una violenta aggressione omofoba. La vicenda ha destato una discussione che si è riversata nel Consiglio comunale. Una mozione dell’opposizione di centrosinistra che condannava l’aggressione impegnando il Comune, tra le altre cose, a battersi per accelerare l’approvazione della legge contro l’omofobia, è stata bocciata dalla maggioranza, che avrebbe voluto un testo che si limitasse ad una generica condanna della violenza. La questione ha avuto evidenza anche sui media nazionali grazie all’amata scrittrice abruzzese Donatella Di Pietrantonio (premio Campiello con il suo romanzo “L’Arminuta”) che è intervenuta sul quotidiano la Repubblica con parole colme di indignazione. Il Sindaco, Carlo Masci, le ha risposto piccato, replicando una linea comunicativa già ampiamente utilizzata nei giorni precedenti: non si parli male della città, non le si faccia cattiva pubblicità per un gesto isolato. Piuttosto, ci si impegni, e si impegni anche Di Pietrantonio, dice il Sindaco, a promuovere tutto ciò che di buono è ed ha la città. Da qualche mese io tengo una piccola rubrica domenicale (in diretta su Facebook) dal titolo: “Un libro, il dialogo, la politica” per promuovere la lettura e per confrontarmi, con gli autori o con lettori d’eccezione, sul libro scelto e sull’attualità. Domenica scorsa è stata la volta di Donatella Di Pietrantonio e del suo apprezzato romanzo. Ovviamente abbiamo fatto riferimento anche al suo articolo sull’aggressione omofoba e sulle successive polemiche. Mi sono trovato particolarmente d’accordo con le sue misurate considerazioni, riassumibili nella convinzione che, per amare davvero un territorio e una città non bisogna tacerne mai difetti e devianze; non bisogna mai tacere la verità.
Io credo sia proprio così: il migliore servizio alla propria terra, sia essa una città, un territorio, una regione, una nazione, lo facciamo rappresentandoli nella verità, nella complessità, eventualmente mostrandone anche i problemi e i lati meno piacevoli, e con essi evidenziando che è attraverso la qualità della risposta civile (che a Pescara è stata significativa, e di grande livello sociale e culturale) che un territorio mostra di essere vivo, reattivo, di sapere avere o creare anticorpi rispetto a fenomeni come la violenza, il degrado, le mafie. Sì, le mafie, perché il ragionamento di Masci è molto simile a quello di chi dichiara che in Abruzzo la mafia non esiste, magari per non scoraggiare imprese o turisti. Lo stesso è stato fatto per anni in Sicilia. Che Paese ci sarebbe stato senza coloro che si opposero e imposero una visione alternativa, restituendo proprio a quella terra un’immagine sana ed accogliente?
Mi è capitato spesso di ritrovare quella che, si potrebbe definire, una “reazione da cartolina”: cioè di un amministratore che a vari livelli, dal comune al governo nazionale, di fronte alla gravità di un problema invece di schierarsi apertamente con chi lo dichiara e lo combatte, ritiene di negarlo o minimizzarlo, per il rischio, appunto, della “cattiva pubblicità”. Credo che sia frutto di una considerazione sbagliata del proprio ruolo, che invece dovrebbe far leva e cercare alleanze con le parti migliori della società, combattere e non negare le peggiori, nascondendo la polvere sotto il tappeto.
Quello che fa di quella pescarese una vicenda del tutto particolare è poi naturalmente l’evidente intersezione con la discussione e il dibattito pubblico attorno al progetto di legge Zan. Perché chi lo rifiuta, lo dipinge come una limitazione della libertà d’opinione. Da parte mia, mi limito a riportare al riguardo alcune considerazioni. Non è una limitazione della libertà di opinione una legge che, punendo chi istiga alla discriminazione e alla violenza contro gli omosessuali, le lesbiche, i transessuali, le donne, quindi contro chi è dal punto di vista del genere e dell’orientamento sessuale più esposto, ne riconosce la dignità considerandoli meritevoli di protezione. E’ doveroso perciò per chi vuole difendere i più deboli continuare a stare saldamente dentro questo percorso: una battaglia per la conquista di diritti civili che meritano di avere la stessa piena cittadinanza di quelli sociali.
Michele Fina