Nella serata di ieri è stato diffuso un sondaggio di YouTrend per Sky TG24 rivolto alla fascia di età 16 – 25.
Il cartello più “mediatico” sulle intenzioni di voto, rilanciato anche da Enrico Letta, che pure vede un dato straordinario con il Partito Democratico primo partito e l’insieme delle forze della sinistra ampiamente sopra la destra e i centristi (51% senza Renzi e Calenda), è solo però la punta di un iceberg, l’effetto di una serie di preoccupazioni, speranze e tensioni che la nostra generazione, cresciuta nelle due più grandi crisi della storia contemporanea occidentale, coltiva.
Emerge il quadro di una gioventù italiana molto diversa dalla vulgata delle Sabina Guzzanti di turno, che la vuole perennemente attaccata al telefono e scollata dalla realtà.
La nostra è una generazione che non si sente valorizzata, che vorrebbe più spazi di aggregazione e socialità, che ha un disperato bisogno di fare politica ma sbatte contro architetture vetuste dei partiti e del mondo del terzo settore che spesso ancora rincorrono la rivoluzione dei vettori di partecipazione che c’è stata negli ultimi dieci anni (e non a caso vota per quei partiti che più e meglio, ma ancora non abbastanza, si sono adattati a questo passaggio) ma sebbene non sappia dentro quale catalizzatore veicolarle ha idee molto chiare, nette, eretiche e radicali sul Paese che vorrebbe in funzione delle proprie tensioni morali.
La priorità per i giovani nati fra il 1996 e il 2005 non è il nuovo iPhone ma una legge sul salario minimo, l’abolizione degli stage e gli apprendistati non pagati, un piano di assunzioni giovani per svecchiare la Pubblica Amministrazione che dovrà gestire il PNRR, rendere gratuita e più formativa l’università che è il principale ascensore sociale che abbiamo, rinunciare a un bel pezzo di “società dell’opulenza” per avere un Pianeta sano. È bassissima, peraltro, la percentuale di intervistati che non risponde o risponde “non so”.
E per quanto sia alta la frustrazione, spesso anche per un sistema del diritto allo studio che fa acqua da tutte le parti e per un mercato del lavoro da prima rivoluzione industriale, è anche altissima la voglia di impegnarsi in politica, se la politica parlasse un po’ meno di quota100 e un po’ più di futuro: il 74% dei giovani, 3 su 4, affermano che aumenterebbero la propria partecipazione in politica se ci fossero più giovani in questo mondo nelle posizioni che contano.
Chi saprà tematizzare questo portato di speranze e ambizioni nella propria azione politica e volgarizzarlo presso tutte le generazioni, vincerà la partita non solo elettorale, ma anche di NextGenerationEU e del mondo che si riassesterà con un nuovo equilibrio dopo le tremende crisi sanitarie, economiche, sociali e geopolitiche che abbiamo vissuto e stiamo vivendo in questi tempi interessanti nei quali ci è stato dato di esistere.
Secondo me a questo servono le organizzazioni giovanili di partito, se smettono di fare gli uffici di collocamento con la congressite acuta: a sentire il mondo nuovo.
In Italia non ce n’è nemmeno una pienamente attiva in questo momento, e bisogna costruirne velocemente una (mi auguro sia la nostra) per evitare che tutto questo quadro si trasformi in una bomba sociale di rigurgito della partecipazione. Anche le corde più resistenti prima o poi si spezzano.
Claudio Mastrangelo
Segretario Giovani Democratici Abruzzo