Il DDL Concorrenza – approvato dal Consiglio dei ministri – rischia di spazzar via il risultato del c.d. “referendum sull’acqua” del 2011.
Facciamo una breve ricostruzione della vicenda
Fino al 2008, la gestione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica avveniva secondo tre possibili modelli: pubblico, misto e privato. Successivamente, si decise per una gestione dei servizi pubblici locali da parte dei privati, con l’eccezione degli enti locali; ciò avrebbe riguardato anche il servizio idrico, nonostante la UE non ponesse alcuna limitazione di sorta in merito.
Con il referendum del 12 e del 13 giugno 2011, i cittadini (il 95% di coloro che si recarono alle urne) votarono per l’abrogazione di quella regola.
Nonostante l’esito referendario, il Governo intervenne con il D.L. n. 138/2011 e, pur escludendo dal campo di applicazione del decreto il settore idrico, reintrodusse una regola analoga a quella abrogata con il referendum.
Nel 2012, la Corte costituzionale dichiarò l’illegittimità del D.L. n. 138/2011 (art. 4) per aver “aggirato” il risultato referendario.
Il DDL concorrenza di Draghi stabilisce ora che la gestione dei servizi pubblici locali (acqua compresa) debba essere affidata nuovamente ai privati e che quella da parte dei Comuni debba costituire solo l’eccezione.
Si spera vivamente che, in sede di approvazione del DDL in Parlamento, siano contestati e modificati questi punti già bocciati dal referendum del 2011.
Enzo Di Salvatore (Responsabile Transizione ecologica e sostenibilità PD Abruzzo) e Circolo tematico “Abruzzo in transizione”