Il vero, e doloroso aspetto della vicenda parlamentare del Ddl Zan, non è la “bocciatura” in aula, che nella migliore delle ipotesi consentirà un nuovo esame della proposta della legge solo tra sei mesi, né l’applauso al momento in cui è scattata la “tagliola”.
L’aspetto più doloroso è che, in questa vicenda, il Parlamento ha palesato, con terribile evidenza, quanto sia profonda la distanza tra il Paese reale e quello delle Aule parlamentari.
Sempre più, il Parlamento dimostra quanto sia lontano da una “realtà” sociale e civile già acquisita dalla stessa società. Le nostre assemblee più rappresentative si arenano su prese di posizione contro culture di genere, che fanno già parte dei patrimoni di conoscenza di tutte le nuove generazioni. Quello che si chiede alla nostra classe politica nazionale non è imporre una “nuova idea”, ma prendere atto di come quella nuova idea sia già il leit motiv delle nostre vite condivise.
Discutere, e addirittura “bocciare” un progetto di legge che reca quale titolo “Misure di prevenzione e contrasto della discriminazione e della violenza per motivi fondati sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere e sulla disabilità”, significa perdersi nell’antistorica valutazione di un fatto, di una verità che non è e non deve essere oggetto di discussione, perché il Paese reale ha già fatto sua quella rivoluzione culturale che ha di fatto superato ogni diversità.
Continuare ad essere ciechi e sordi, per meri principi ormai superati dalla storia, significa nutrire quel disamoramento verso la politica da parte del popolo, che è l’inevitabile risvolto di una politica scollegata dal reale. Non si tratta – ripeto – di creare una nuova cultura “regolamentata”, ma regolamentare quello che già è cultura acquisita.
L’articolo 7 della “bocciata” legge Zan prevedeva l’istituzione anche in Italia della Giornata internazionale contro l’omofobia, la bifobia, la transfobia e l’afobia.
Una data simbolo scelta per ricordare quando, esattamente 31 anni fa, il 17 maggio del 1990 venne finalmente rimossa l’omosessualità dalla lista delle malattie mentali.
La civiltà è un viaggio che dobbiamo fare tutto insieme e la politica deve fare la sua parte. Mi auguro che il 17 maggio prossimo sia anche una festa nostra.
Manola Di Pasquale
Presidente PD Abruzzo